Giotto di Bondone - Storie di San Francesco - Basilica Superiore di Assisi |
Oh Signore, fa di me uno strumento della tua pace
dove è odio, fa che io porti l'amore
dove è offesa, che io porti il perdono,
dove è discordia, che io porti l'unione,
dove è dubbio, che io porti la fede,
dove è errore, che io porti la verità,
dove è disperazione, che io porti la speranza,
dove è tristezza, che io porti la gioia,
dove sono le tenebre, che io porti la luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto
di essere consolato, quanto di consolare,
di essere compreso, quanto di comprendere,
di essere amato, quanto di amare.
Perchè è
dando, che si riceve,
perdonando, che si è perdonati,
morendo, che si resuscita a vita eterna.
Ho aspettato quasi un anno prima di decidermi a parlarvi di lui.
Ho temuto per tanto tempo che non avreste capito fino in fondo il mio bisogno.
Ho pochi personaggi storici preferiti: si contano sulle dita di una mano.
Il primo della lista, è il piccolo frate di Assisi.
Anche adesso, mentre sto scrivendo assolutamente consapevole della criticità dell'argomento che si presta a tante visioni, contrapposizioni e critiche, il livello della mia sensibilità ed emotività è altissimo.
Ma voi, che ormai mi conoscete bene, siete pronti.
Vi racconto la persona, l'uomo che ho imparato a conoscere.
Vi racconto la sua normalità, la sua eccezionalità.
Vi racconto un po' della sua terra, che amo immensamente.
Vi racconto, semplicemente.
Qualche cenno storico, e poi la parola alla sua vita, naturalmente a modo mio.
Cercando di raccontarvi il ragazzo con tutte le sue contraddizioni e poi l'uomo.
Cercando di raccontarvi il ragazzo con tutte le sue contraddizioni e poi l'uomo.
Nasce ricco, contemporaneo di un altro grandissimo personaggio che amo molto e al secondo posto nella mia lista personale, ovvero Federico II di Svevia.
Un certo senso di attesa è diffuso in Italia tra la fine del XII secolo e il principio del XIII.
Uguccione di Lodi aspetta l'Anticristo e la fine del mondo; Innocenzo III con una "fede" che contrastava fatti eclatanti, invocava lo Spirito Santo; Gioachino da Fiore aspetta l'età dei Puri.
Tre uomini che simbolicamente erano le voci del Nord austero e pauroso, del Centro luogo divino essendo voce di Roma, del Sud sognante e ardente.
Ho nominato Innocenzo III perchè sarà proprio lui a chiudere con il periodo espiatorio del Cristianesimo e ad aprire a quello liberatorio, visto che si vedrà davanti un piccolo uomo, miserabile alla vista, ma cosi grande interiormente capace di fargli vedere come si possa con le radici ben fissate alla terra, salire fino al cielo.
Questo piccolo uomo è Francesco.
Figlio di Pietro Bernardone, mercante di stoffe arricchitosi con i commerci con la Francia e di madonna Pica, nobile di nascita e delicatissima di animo.
La mamma alla nascita lo chiamò Giovanni, ma il padre di ritorno da uno dei suoi viaggi, gli cambiò il nome visto il suo debito di riconoscenza nei confronti della terra che lo aveva arricchito e anche perchè non era un nome usuale per l'epoca.
Francesco fin da bambino fu libero, viziato e di indole estremamente generosa.
Francesco fin da bambino fu libero, viziato e di indole estremamente generosa.
Cresceva amato da tutti, simpatico a tutti, elegante quasi fino all'eccentricità, tutto quello che guadagnava nel commercio aiutando suo padre, lo spendeva nei divertimenti e con gli amici.
A dire il vero era anche presuntuoso, continuava a dire a tutti che sarebbe stato venerato in tutto il mondo, facendosi prendere continuamente in giro: già profeta.
Aveva un'idea fissa, diventare Cavaliere.
Colse l'occasione di diventarlo nel momento in cui alcuni nobili Assisani, dopo scontri interni della città furono cacciati e andarono nella vicina Perugia a chiedere aiuto.
I Perugini non se lo fecero ripetere due volte e dichiararono guerra ad Assisi.
Ci fu uno scontro violento e molti giovani furono catturati e imprigionati, tra questi Francesco.
Rimase in prigione per un anno.
Torno con la consapevolezza che il suo mondo non gli bastava più.
Lacerato dalle domande.
Lacerato dalle domande.
Aveva senso lavorare tutto il giorno e poi passare la sera a divertirsi?
E i piaceri della tavola erano così importanti?
E la guerra e tutto quel sangue visto, a cosa portavano?
Fece un sogno strano: qualcuno lo chiamava per nome e lo conduceva ad un palazzo ricco pieno di armature, scudi, trofei e gonfaloni.
Lui chiedeva di chi fossero e la voce gli rispondeva che erano suoi e dei suoi cavalieri.
Partì per una nuova guerra e fece un nuovo sogno: la voce solita lo rimproverò perchè aveva lasciato il signore delle anime per il signore delle armi.
Cosa doveva fare? la voce gli rispose che doveva tornare a casa, li avrebbe capito.
Si ammalò gravemente, e quando si riprese, non era più lo stesso.
La malattia, le guerre, i sogni, lo avevano cambiato.
Cercava un'altra strada, sapeva che doveva allontanarsi e scrollarsi tutto il suo mondo dalle spalle.
Ripartire, ricominciare.
Alzava gli occhi al cielo azzurrissimo della sua Umbria, e fremente lo colpiva l'immensità.
Ma tutta la natura che lo circondava, era per lui fonte continua di sorprese.
La natura mutabile, la stessa natura dell'uomo.
L'intensità con cui crediamo oggi in noi, la proveremo ancora domani?
C'è un tipo d'amore che possiamo riconoscere come perfetto?
A cui dare tutti noi stessi, sicuri che lo potremo mantenere?
Aveva bisogno di dare delle risposte alle sue domande e non trovava pace.
E noi ci siamo fatti domande simili, all'inizio del cammino della vita, guardando ai nostri vent'anni e abbiamo trovato delle risposte?