29 giugno 2012

Francesco D'Assisi: la povertà e l'amore 1° parte



Giotto di Bondone - Storie di San Francesco - Basilica Superiore di Assisi


Oh Signore, fa di me uno strumento della tua pace
dove è odio, fa che io porti l'amore
dove è offesa, che io porti il perdono,
dove è discordia, che io porti l'unione,
dove è dubbio, che io porti la fede,
dove è errore, che io porti la verità,
dove è disperazione, che io porti la speranza,
dove è tristezza, che io porti la gioia,
dove sono le tenebre, che io porti la luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto
di essere consolato, quanto di consolare,
di essere compreso, quanto di comprendere,
di essere amato, quanto di amare.
Perchè è
dando, che si riceve,
perdonando, che si è perdonati,
morendo, che si resuscita a vita eterna.


Ho aspettato quasi un anno prima di decidermi a parlarvi di lui.
Ho temuto per tanto tempo che non avreste capito fino in fondo il mio bisogno.
Ho pochi personaggi storici preferiti: si contano sulle dita di una mano.

Il primo della lista, è il piccolo frate di Assisi.

Anche adesso, mentre sto scrivendo assolutamente consapevole della criticità dell'argomento che si presta a tante visioni, contrapposizioni e critiche, il livello della mia sensibilità ed emotività è altissimo.

Ma voi, che ormai mi conoscete bene, siete pronti.

Vi racconto la persona, l'uomo che ho imparato a conoscere.
Vi racconto la sua normalità, la sua eccezionalità.
Vi racconto un po' della sua terra, che amo immensamente.
Vi racconto, semplicemente.

Qualche cenno storico, e poi la parola alla sua vita, naturalmente a modo mio.
Cercando di raccontarvi il ragazzo con tutte le sue contraddizioni e poi l'uomo.

Nasce ricco, contemporaneo di un altro grandissimo personaggio che amo molto e al secondo posto nella mia lista personale, ovvero Federico II di Svevia.
Un certo senso di attesa è diffuso in Italia tra la fine del XII secolo e il principio del XIII.
Uguccione di Lodi aspetta l'Anticristo e la fine del mondo; Innocenzo III con una "fede" che contrastava fatti eclatanti, invocava lo Spirito Santo; Gioachino da Fiore aspetta l'età dei Puri.
Tre uomini che simbolicamente erano le voci del Nord austero e pauroso, del Centro luogo divino essendo voce di Roma, del Sud sognante e ardente.
Ho nominato Innocenzo III perchè sarà proprio lui a chiudere con il periodo espiatorio del Cristianesimo e ad aprire a quello liberatorio, visto che si vedrà davanti un piccolo uomo, miserabile alla vista, ma cosi grande interiormente capace di fargli vedere come si possa con le radici ben fissate alla terra, salire fino al cielo.
Questo piccolo uomo è Francesco.

Figlio di Pietro Bernardone, mercante di stoffe arricchitosi con i commerci con la Francia e di madonna Pica, nobile di nascita e delicatissima di animo.
La mamma alla nascita lo chiamò Giovanni, ma il padre di ritorno da uno dei suoi viaggi, gli cambiò il nome visto il suo debito di riconoscenza nei confronti della terra che lo aveva arricchito e anche perchè non era un nome usuale per l'epoca.
Francesco fin da bambino fu libero, viziato e di indole estremamente generosa.
Cresceva amato da tutti, simpatico a tutti, elegante quasi fino all'eccentricità, tutto quello che guadagnava nel commercio aiutando suo padre, lo spendeva nei divertimenti e con gli amici.
A dire il vero era anche presuntuoso, continuava a dire a tutti che sarebbe stato venerato in tutto il mondo, facendosi prendere continuamente in giro: già profeta.
Aveva un'idea fissa, diventare Cavaliere.
Colse l'occasione di diventarlo nel momento in cui alcuni nobili Assisani, dopo scontri interni della città furono cacciati e andarono nella vicina Perugia a chiedere aiuto.




I Perugini non se lo fecero ripetere due volte e dichiararono guerra ad Assisi.
Ci fu uno scontro violento e molti giovani furono catturati e imprigionati, tra questi Francesco.
Rimase in prigione per un anno.
Torno con la consapevolezza che il suo mondo non gli bastava più.
Lacerato dalle domande.
Aveva senso lavorare tutto il giorno e poi passare la sera a divertirsi?
E i piaceri della tavola erano così importanti?
E la guerra e tutto quel sangue visto, a cosa portavano?
Fece un sogno strano: qualcuno lo chiamava per nome e lo conduceva ad un palazzo ricco pieno di armature, scudi, trofei e gonfaloni.
Lui chiedeva di chi fossero e la voce gli rispondeva che erano suoi e dei suoi cavalieri.
Partì per una nuova guerra e fece un nuovo sogno: la voce solita lo rimproverò perchè aveva lasciato il signore delle anime per il signore delle armi.
Cosa doveva fare? la voce gli rispose che doveva tornare a casa, li avrebbe capito.
Si ammalò gravemente, e quando si riprese, non era più lo stesso.
La malattia, le guerre, i sogni, lo avevano cambiato.
Cercava un'altra strada, sapeva che doveva allontanarsi e scrollarsi tutto il suo mondo dalle spalle.
Ripartire, ricominciare.
Alzava gli occhi al cielo azzurrissimo della sua Umbria, e fremente lo colpiva l'immensità.
Ma tutta la natura che lo circondava, era per lui fonte continua di sorprese.
La natura mutabile, la stessa natura dell'uomo.

L'intensità con cui crediamo oggi in noi, la proveremo ancora domani?

C'è un tipo d'amore che possiamo riconoscere come perfetto?

A cui dare tutti noi stessi, sicuri che lo potremo mantenere?

Aveva bisogno di dare delle risposte alle sue domande e non trovava pace.

E noi ci siamo fatti domande simili, all'inizio del cammino della vita, guardando ai nostri vent'anni e abbiamo trovato delle risposte?




24 giugno 2012

Gli Eighties parte seconda, il rock che scorreva nelle vene!










Avevo promesso di continuare a parlare degli anni ' 80 passando dal pop al rock.
Questa credo sarà un'impresa molto più ardua della precedente perchè eravamo talmente infervorati a ballare e cantare, che ho quasi paura ad affrontare la nuova prova.
Dimenticherò qualcuno che forse non è tra i miei preferiti ma a ricordarmelo ci penserete voi!

Ero una ragazzina immatura e timidissima durante l'adolescenza. Di questo un po' mi fregava e passavo le giornate tra scuola e libri cercando di non pensare al mondo che c'era attorno a me che non capivo e non mi capiva.
I libri  erano la mia grandissima passione, divisi tra ciò che dovevo studiare e ciò che invece amavo e talvolta le due rette si congiungevano, come capitava per storia e filosofia e per la letteratura.
Ascoltavo anche tantissima musica, spaziando in ogni genere conosciuto fino alla classica che studiavo.

Non essendo proprio da ultimi banchi capitava che dovessi difendermi da scherzi balordi fatti da chi (ce ne sono sempre di questi elementi in classe no?) pensava di essere più intelligente e più figo solo perchè riteneva che studiare fosse una gran perdita di tempo.
Nella mia classe di liceo i  personaggi suddetti erano parecchi, direi che, in percentuale il 70% per cento era da ultimi banchi e solo il 30% era da primi.

Ero brava ma non mi piaceva il primo banco, per questo in prima liceo finii in seconda fila a far compagnia a due emeriti caproni, tentativo fatto dal mio prof di latino e greco nella speranza che i due con me accanto, riuscissero a prendere sul serio l'idea di studiare.
Il tentativo fu un vero fallimento. Non migliorarono di una cippa ed io passai un anno da dimenticare, perchè uno dei due si mise in testa di sedurmi, insomma ci provò per tutto l'anno.
Probabilmente per scommessa, o forse perchè gli piacevo, chissà.
Ritengo che avesse molte armi nel suo sacco e quella migliore era la sua faccia da schiaffi.
La prima volta che fu cacciato dall'aula per colpa mia, fu perchè mi dedicò una canzone, e beccato dal prof.di storia dell'arte, finì il resto dell'ora di lezione dal preside.
Tento di "sedurmi" nuovamente, regalandomi in disco di sua proprietà che è pietra miliare della storia della musica:

                                                                   The Wall - Pink Floyd.




Con quel regalo io fui sul punto di capitolare.
Quella musica e quel disco hanno avuto il potere di stregare tutti  i ragazzi della mia generazione.
Fortunatamente per me, mi riebbi giusto in tempo per capire che il ragazzo ci provava con un po' troppe ragazzine e lo mollai, non prima di fare una cosa di cui mi sono sempre pentita: ruppi il disco dalla rabbia in mille pezzettini.
Avrei fatto meglio a dargli un calcio nelle palle e tenermi il disco, ora sarebbe un pezzo vintage di notevole valore.
E non preoccupatevi per il furbetto, ha continuato a fare il lumacone con tutte quelle che gli passavano a tiro, raccogliendo esattamente quello che seminava, anche nella vita.
Un pezzo di me per raccontarvi di altra musica che segnò la fine degli anni '70 e tutti gli anni '80 cambiando modo di interpretarla.
Ero combattuta tra la leggerezza del pop e la ricchezza che mi regalava il rock.
Ancora non avevo compreso che la musica da amare è tutta quella che ci emoziona,  non ha categorie come non ha barriere.

Pochissimo tempo dopo,  i Police incidevano "Zenyatta Mondatta" e io mi innamorai del pungiglione biondo e dei suoi compagni;  del resto a quell'età ci si poteva innamorare molteplici volte e di tante persone anche in contemporanea, visto l'impossibilità di sedurli nella realtà.




La mia preferita, una delle più belle canzoni di tutti i tempi scritta da Gordon Summer e tratta da Synchronicity datata 1983:





Nel mio cuore, per tanti motivi, soprattutto legati ai primi anni milanesi, i Simple Minds, il celebre gruppo scozzese.
Condivido con il loro leader Jim Kerr, anche la data di nascita, giorno e mese,  non anno nèèèèè!
Ho ascoltato questa canzone così tante volte che il mio walkman un giorno, smise completamente di funzionare!









Londra era il fulcro dell'armonia, delle nuove tendenze e del rock. Gran parte della musica che ricordiamo e che amiamo è partita da lì. Mi sembra di avervelo già raccontato in passato vero?
Londra capitale del rock che declinava dolcemente verso il black e il soul.
Quello degli Style Council di Paul Weller.



Anche gli Human League mi piacevano, vi ricordate Human?







Un altro grandissimo gruppo del periodo, furono i Frankie Goes To Hollywood.
Con il loro primo singolo "Relax" hanno fatto ballare il mondo intero. Avevano enormi possibilità ma si sciolsero troppo presto.




Gli anni '80 furono gli anni dei Queen, ma come per Madonna nel mio precedente post, è riduttivo segnalarli con una canzone, ce ne vorrebbe uno intero per Freddy e company.



La GRANDE musica rock del periodo non era solo inglese. Ho amato molto anche un gruppo australiano che ha perso troppo presto il suo leader, Mike Hutchence. Se solo avesse avuto più tempo... vi lascio dal concerto al Wembley Stadium "Need You Tonight".




Come mi piacevano e apprezzavo un gruppo punk rock (forse l'unico del genere che avesse catturato la mia attenzione) ovvero i Talking Heads, che avevano un genio come leader, David Byrne. Voi ricordate la versione di Marco Mengoni di Psycho Killer durante X.-Factor? Ecco, vecchiotto questo video,  ma  è l'originale.



Ecco la versione di Marco Mengoni, scusate la trasgressione ma sapete il debole che ho per questo ragazzo!





Lascio in coda, perchè loro arrivarono alla fine degli anni '80 ma sono ancora dei leader indiscussi e in attività da 30 anni,  i Depeche Mode.
Artisti eclettici, nell'arco di tutto questo tempo sono passati dal pop elettronico al rock elettronico, alla new wave, facendo però della loro musica qualcosa di inconfondibile.
Vi parlerò presto di loro e copiosamente, come sapete che so fare, ma per ora celebriamo il loro arrivo come chicca finale nel mio post, eccovi "Never Let Me Down Again" anno 1987 ed eccovi soprattutto il loro leader esuberante e irriverente: Dave Gahan.






Ci avviciniamo agli anni '90. La carrellata è stata fatta sull'onda dei miei ricordi e dei gruppi o cantanti che ho amato di più.

Ma c'è un pezzo tra quelli che ricordate del periodo,  capace ancora di emozionarvi ogni volta che lo ascoltate?


21 giugno 2012

MARISA OMBRA:LIBERE SEMPRE



Una signora di 85 anni prova a spiegare ad una ragazzina di 14 anni, incontrata in un parco, la libertà, la bellezza e la dignità delle donne attraverso la sua esperienza.

La signora è Marisa Ombra.

Nata da una famiglia operaia antifascista nel 1925, dopo l' 8 settembre 1943, firma dell'armistizio, diventa staffetta delle brigate partigiane.
Chiamata dal padre che, in questo modo, cerca di distoglierla da una malattia che le sta minando l'anima e la salute: l'anoressia.
Ottenendo il doppio scopo di liberarla sia dall'inferno fisico che da quello mentale, facendole scoprire quanto possa essere importante lottare per l'indipendenza del proprio Paese e anche per l'autonomia femminile.

Dopo la Liberazione  SCEGLIE di dedicare la sua vita alle lotte per l'emancipazione e per la liberazione  della donna, operando in particolare nell’Udi, presiedendo la Cooperativa Libera Stampa editrice della pubblicazione “Noi donne”, lavorando alla costruzione dell’Archivio nazionale dell’Udi e alla Associazione nazionale Archivi Udi. (Fonte ANPI).

Ormai sapete che, da quando ho il mio blog, se leggo libri che mi illuminano e sui quali vertono riflessioni importanti, non vedo poi l'ora di confrontarmi con voi, per ragionare su quanto mi ha colpito e sulle domande che mi sono posta.

Questa volta il libro mi ha regalato risposte.

Ci sono dei dolori che conducono alle malattie: niente può avere più senso.
Tutto crolla e ti fa sprofondare, ma a volte come nel caso dell'anoressia rischi di non accorgertene nemmeno. Subdolamente la malattia appare come una conquista, hai uno strano benessere che ti conforta e il pericolo non lo vedi nemmeno negli occhi disperati di chi ti ama, ed è accanto a te e non trova alcun modo per raggiungerti nella gabbia di cristallo nella quali ti sei riparato.
La via d'uscita (perchè dobbiamo credere che ci sia sempre una possibilità) arriva per Marisa grazie a suo padre che la "obbligò ad uscire dal cerchio chiuso delle domande senza risposta" in cui era piombata facendole osservare con attenzione come il mondo attorno a lei avesse bisogno di aiuto concreto perchè stava andando a fuoco: La Guerra.
Ecco, lo stimolo forte che ti obbliga a guardare concretamente fuori da te per vederti meglio e trovare la forza per andare avanti, può essere una risposta concreta e aiutare ad uscire da un periodo buio e difficile.
Spostare l'attenzione da noi stessi agli altri, mi sembra un grande occasione e mi dona la speranza della prima risposta.

L'indipendenza delle donne: il famoso slogan "il corpo e mio e lo gestisco io".
A partire dagli anni '50 le donne avevano dato voce a qualcosa che era nascosto da secoli nella gola di generazioni femminili nate e morte prima di allora. Donne alle quali per secoli era stato sempre risposto NO a qualunque richiesta senza una vera spiegazione, perchè era evidente che non c'era.
Donne tradite, donne violentate, donne offese ripetutamente.
Ma la generazione che usciva dalla 2° Guerra Mondiale aveva la possibilità di rinascere. Si poteva finalmente progettare una vita nuova con desideri e sogni finalmente realizzabili. 
La parità era lì a portata di mano, la si poteva costruire tutte insieme.
Donne, che grazie all'intelligenza, alla loro audacia,alla loro curiosità e soprattutto alla loro attenzione, hanno ottenuto tutti i diritti che volevano, almeno formalmente. Intrapreso carriere in bacini da sempre preclusi al sesso femminile, penso al campo ingegneristico, medico specialistico, fisico,la magistratura, per fare qualche esempio.

Ma dopo tutta la strada fatta, agli inizi degli anni '80, all'improvviso qualcosa cambiava,in maniera strisciante e si insinuava attraverso immagini di ragazze che esponevano i loro corpi nelle TV commerciali.
Marisa come me, data in quel preciso momento, il crollo dell'immagine femminile come autonoma, intelligente, determinata a conquistare grazie alla sua forza e alla sua volontà, un posto importante,  alla pari con gli uomini, nella società.
Questo a favore di un altro tipo di donna più facile da dominare (almenso secondo alcuni uomini) per il quale il corpo diviene arma di conquista per raggiungere il successo e il denaro, semplice merce di scambio.
" Il corpo femminile era diventato un'impresa commerciale da mettere a frutto. Era una nuova figura di mercato."
Come è stato facile rinunciare alla dignità e alla libertà che sono state conquistate con tanta fatica dalle donne. Sembrare libere perchè belle e famose nonostante il prezzo altissimo da pagare.

Un prezzo che non è quantificabile, non credete?

La risposta è che la libertà e la dignità sono una condizione naturale.
Perchè tutti noi aspiriamo ad essere liberi nonostante gli impedimenti. Non è cosa facile, ci vuole coraggio e tanta, tantissima forza di volontà. Ma quando per brevissimi istanti ci rendiamo conto di averla colta realmente la nostra libertà dopo tanta lotta, è allora che brilliamo e diventiamo il sole della nostra stessa vita.
C'è energia fresca sufficiente attorno a noi,  affinchè si possa abbandonare il degrado del concetto di donna degli ultimi anni e andare verso il completamento del ciclo iniziato quasi sessanta anni fa.
Io ci credo.

GRAZIE MARISA.





17 giugno 2012

Gli Eighties presi per i capelli!





                                            Ah, la musica degli anni 80!


Perchè seppure a distanza di trenta e passa anni, sono ancora convinta che sia stata la musica più bella di tutti i tempi?
Logico, è stata la colonna sonora della mia adolescenza.

Certo nelle vene pulsa sangue rock, ma non rinnego tutto il pop che mi ha fatto ballare, innamorare e ridere.

Sono stata una fan degli Spandau Ballet per un periodo di circa tre anni. Ai miei tempi bisognava scegliere, o loro o i Duran Duran.
E anche se  il rock impegnato faceva capolino visto che cominciavo ad ascoltare gli U2, al seguito delle amiche non potevo evitare di essere parte della follia adolescenziale che prende tutte le ragazze che impazziscono (non mi pare che oggi sia cambiato qualcosa) per un gruppo pop.
Non sopportando la boria di Simon Le Bon (anche se le canzoni mi piacevano) e volendo prendere posizione, avevo preferito la dolcezza oltre che la voce di Tony Hadley, le canottiere di Steve il sassofonista e soprattutto gli occhi dei fratelli Kemp!

E nella mia camera i poster c'erano eccome: uno degli Spands l'altro di George Michael che prima del suo coming-out ci acchiappava parecchio.

Ieri sera alla radio ho sentito "Through the Barricades" e il pensiero immediatamente si è spostato al periodo e a DJ Television.


Ve la ricordate? Ricordate il rientro da scuola e il primo pomeriggio passato a far finta di studiare tenendo il televisore acceso a basso volume per non perdersi gli ultimi video musicali appena usciti?

Vi ricordate quanto ci hanno fatto ballare e cantare, e tutto quello che scrivevamo su di loro sulle nostre agende scolastiche?
Ma la cosa che oggi mi fa più ridere ricordando i video e i personaggi, erano le loro capigliature assurde.
Per questo nella  carrellata colorata e spumeggiante sul pop e su quegli anni, il minimo comune denominatore saranno loro: i capelli.

Partiamo.

Ecco le meches di George Michael e il suo ancheggiare in shorts. Vi ricordate il suo compagno di squadra l'anonimo Andy Ridgeley?


E quando per la prima volta vedeste il video fumettaro degli a.ha? I capelli di Morten avrebbero tramortito chiunque!


 E il viso d'angelo di Nick Kershaw Che quasi scompariva a causa delle bande laterali e surreali formate dai suoi capelli?


                                                

Per non parlare di Haward Jones e della sua media capigliatura bicolore! Io amai tantissimo il video di "What is love" ambientato a Parigi...


Se nomino bicolore, non posso fare a meno di pensare a Limahl e ai suoi Kajagoogoo


E poi il ciuffo di Tony Hadley, e del resto del gruppo ovvero:
Steve Norman, i fratelli Kemp e John Keeble!

Ragazzi io le canzoni degli Spandau me le ricordo ancora tutte, e con questa ci ho perso la faccia, ma ebbene sì sono stata ragazzina anche io e  con tutte  le mie passioni veniali, tanto per la musica impegnata avrei avuto tempo!
Ed ora sfido le figlie degli anni '80 a non cantarla questa:



Ricordo inoltre una voce fantastica associata ad una capigliatura da Cherokee ovvero Paul Young:


E poteva mai mancare la nostra "signora" del Pop?


Beh, in suo onore almeno due canzoni tra quelle che preferisco. Certo che con lei è davvero difficile scegliere:


Poi, per la gioia dei maschietti di allora, mi vengono in mente altre pieghe e altre curve:




E anche queste:


Certo, questo è un post allegro e un po' dissacrante perchè gli anni ' 80 furono  molto altro per la musica,  vi prometto che presto ne seguirà un altro, molto rock  e vi parlerò di tutto quello che mi ricordo, sperando di non annoiarvi.

Sarò brava, salterò a piè pari gli U2. Arghhhhh che sacrificio!

Per una volta voglio solo ridere, senza dimenticare che comunque questa musica era bella e divertente,  in grado di darci emozioni allora e anche oggi mentre la riascoltiamo, o no?

Per concludere la prima parte, signori e signore, ecco a voi la pietra miliare di tutti i video dell'epoca! LO SGUARDO E IL CAPELLO CHE UCCIDE DI MR. SIMON LE BON!!!



Ragazzi, continuiamo con l'elenco dei tipi assurdi da classifica visto che ci sono stati dei personaggi davvero incredibili!

PS: per chi non se li ricorda perchè non c'era ancora, facciamo l'elenco da inserire nei miei prossimi post sugli anni '90 e '00!


13 giugno 2012

COSA FARO' DA GRANDE?







Farò l'archeologa.
Ero decisa. In casa non mi sentirono dire altro per molto tempo. Per tutto il liceo.
Ma anche DA PRIMA, quasi  da sempre.
Non ho mai detto che avrei fatto il medico o lo scienziato oppure l'esploratore.
Del resto la mia passione per la storia, non aveva mai fatto mistero di quale sarebbe stato il mio futuro.
Si vabbè, da bimba avevo avuto una piccolissima parentesi, per un paio d'anni volevo fare la ballerina.
Di quelle classiche, certo.
Tutù e scarpette. Ma mia mamma fu categorica.
Niente da fare, costava troppo mantenere la prima figlia alla scuola di danza privata della mia città.
C'erano altri due bambini da crescere e uno stipendio solo e poi sarebbe arrivata anche la quarta figlia.
E allora io inghiottii lacrime amare guardando le mie compagne di scuola elementare (sto parlando della seconda io avevo sei anni) parlare del loro tutù rosa e delle loro bellissime scarpette. Solo dopo, crescendo, seppi quanta disciplina ci voleva e quanto male faceva il gesso di quelle scarpe.



Le guardavo e le invidiavo pensando alla leggerezza dei volteggi e alla grazia.
A dire il vero loro crescendo, di grazia ne persero parecchia e questa per me che invece ero filiforme, fu una piccola vendetta.
Vi assicuro che fu il primo dolore.
Successivamente arrivò il tempo delle letture, che non mi consentì distrazioni e fu amore per sempre.
Leggendo Agatha Christie risi per un bel pezzo per una sua definizione di marito perfetto:
" Un archeologo è il miglior marito che una donna possa avere: più diventa vecchia più si interessa a lei".
Mi chiesi se poteva succedere anche il contrario, ma almeno per il mio caso, trattandosi di uomini io non vedevo questa possibilità.
Allora come adesso.
Tornando a bomba, leggendo i Quindici mi innamorai del sito archeologico che apre il post: Machu Picchu - La città perduta.
E' colpa di questo posto in cima al mondo, se l'archeologia coniugata alla storia entrò nelle mie vene senza possibilità di uscirne mai più.

"Gli Inca non scomparvero con la morte di Atawallpa, ma sopravvissero come Impero per quarant'anni:
da Vilcabamba a Choquequirao, da Vitcos sino alle pendici di Machu Picchu, la resistenza Inca proseguì la propria lotta per l'indipendenza, contro gli invasori spagnoli, contro l'avidità dei conquistadores...
e ancor oggi la cultura, le tradizioni e il credo andino resistono e sono radicati nella popolazione della Sierra."

Il primo interrogativo che mi attanagliò fu il motivo per il quale questo posto era rimasto nascosto per secoli.
Nessuna cronaca ne parlava, era come un luogo mitologico di cui si conosceva qualcosa solo verbalmente.
Si data la sua nascita intorno al 1400.
Probabilmente fu uno degli avamposti Inca nelle Ande, l'ultimo da cui partire per avanzare nelle foreste e conquistare nuovi popoli.
Altri storici invece individuano il posto come un santuario, qualcosa di sacro dimora delle vergini e dedicata al culto degli dei. Questo perchè sulla base delle ricerche sui resti trovati, l'80% per cento della popolazione era composta da donne.
Io immaginai un regno di amazzoni Inca, in cui la percentuale bassissima di uomini serviva solo per la procreazione.
E i maschi nati facevano la fine dei bimbi deformi di Sparta.
Questa è la mia vena horror.
Quasi sicuramente la prima versione era quella reale. Ad un certo punto e ancora una volta, misteriosamente, la città si svuotò e la popolazione abbandonò quel luogo forse troppo ameno.
Nella memoria collettiva Machu Picchu scomparve. 


Poi un docente di Yale, Hiram Bingham, con la passione per l'archeologia, intraprese un viaggio avventuroso da Buenos Aires a Cuzco, seguendo le rotte commerciali dell'epoca coloniale.



Voleva ritrovare Vilcabamba, ultimo rifugio degli Inca ribelli.
Gli indios del posto lo condussero ad alcuni resti di città che noi oggi conosciamo come sito archeologico di Choquequirao. Ma Bingham era convinto che Vilcabamba fosse molto più grande. Tornò negli Stati Uniti, ottenne l'appoggio del National Geographic (inteso come fondi) e pianificò il suo ritorno.


Narra la leggenda che fu un bambino a portarlo su verso il cielo svelandogli le monumentali rovine e il 24 luglio 1912 la meravigliosa città Inca gli apparve in tutto il suo splendore.
Quello che vide e le sue emozioni furono registrate nel suo " La città perduta degli Inca".
Ma come Colombo che era convinto di essere arrivato in Cina, anche lui commise un errore, visto che era certo di avere trovato Vilcabamba.
E come i più grandi archeologi ottenne dalla nazione peruviana di depredare come meglio potè il sito, visto che riuscì a portare negli Stati Uniti tutto il materiale reperito. Un danno immenso.
E a dirla tutta, anche se le cronache ufficiali lo danno come lo scopritore del sito, lui stesso aveva annotato che un altro uomo era arrivato in cima prima di lui: Augustìn Lizàrraga guida del posto che aveva lasciato scritto sul muro del Tempio delle Tre Finestre "Lizàrraga 14/7/1902.



La mia passione è rimasta immutata. Prima o poi io andrò a vedere il luogo da cui tutto è partito.
Certo poi archeologa non lo sono più diventata, ma l'amore per l'arte, i luoghi e la storia che si intrecciano quasi spasmodicamente, è in me.

A questo punto la domanda è d'obbligo: voi cosa volevate diventare da grandi?
Ci siete riusciti?
E se siete qualcosa di completamente diverso oggi, c'è una piccola scintilla di quel desiderio che cova sempre nel profondo della vostra anima?









08 giugno 2012

LONDRA: THE QUEEN IS ROCK!

Londra il sole e il Giubileo

Se penso a Londra penso in ordine:

  1. al suo odore.
  2. al tempo.
  3. ai parchi.
  4. ai londinesi.
  5. alla musica.
  6. alla Regina.
  7. al suo divenire.

La prima cosa che colpisce quando arrivi in città e esci dalla "underground" è l'odore.
Inconfondibile, nell'aria senti un miscuglio di aromi multietnici, per la maggior parte odore di cibo.
Niente di nauseante, sia ben chiaro, ma pregnante come un marchio.
Così dici: ecco sono tornata, sono qui, pronta a farmi di nuovo avvolgere dal melting pot che la contraddistingue e la rende unica.


Poi, alzi gli occhi al cielo e sollevi le spalle perchè come al solito, è grigio plumbeo.
Consapevole però che non passerà molto e all'improvviso quando meno te lo aspetti il cielo si aprirà, le nuvole scorreranno via velocissimamente  e arriverà il sole.

E allora, sorrido, pronta a farmi cascare addosso tutti i suoi colori.


Jermyn Street


Sono stati tre giorni intensi, arrivati quasi all'improvviso e goduti pienamente.
Non abbiamo avuto il tempo di fermarci.
Velocemente abbiamo posato i bagagli in albergo, e siamo corsi subito alla scoperta del quartiere: South Kensinghton.
La zona è residenziale, tantissimo verde, case basse e giardini meravigliosi chiusi e impenetrabili.
Una volta all'anno, nel mese di giugno vengono aperti al pubblico e tutti i londinesi possono goderne, io sono riuscita a rubare questo:


Ecco io qui ci vorrei vivere: si puo'?


Poi, visto che il cielo si è aperto e si preannunciava un pomeriggio di sole, corriamo ad Abbey Road.
Quest'anno, come vi ho già ricordato a marzo, sono 50  anni da quando i  quattro scarafaggi di Liverpool hanno pubblicato il loro primo singolo, ed io chiaramente, dovevo festeggiare a mio modo.

Ho scattato queste foto con tutta l'emozione di una fan beatelsiana che si rispetti.

Che emozione!

                   Poi mi hanno anche fatto la foto, insomma conciata per le feste.

Lo so ma scalza no eh?


Il resto del pomeriggio l'abbiamo passato in parte, seduti al tavolino di " Caffè Nero" dove riesci a gustarti un ottimo caffè italiano e hai anche il conforto di sentirti un po' a casa, visto che la maggior parte dei ragazzi che servono, sono italiani.
Il posto era in Jermyn Street, alle spalle di Piccadilly.
Proseguendo ci siamo fermati ad acquistare il mio profumo, da Floris.


La vetrina di Floris

E ho potuto sentire in anteprima rispetto all'Italia, la nuova fragranza che la Casa di Profumi Reale ha dedicato alla Regina in occasione del Giubileo: Royal Arm Diamond Edition.

E' stata creata per l'occasione una edizione numerata di boccette contenti il profumo dedicato alla Regina, con un brillante dal valore di 15.000 sterline.
Insomma, eravamo lì tutti e due a guardare basiti il profumo che costa un capitale, nella sua bella teca di vetro.
Superfluo dire, che dopo esserci complimentati per l'ideona, ho pagato il mio ( che costa molto, ma molto meno) e ci siamo precipitati fuori dalla porta, visto che il commesso si era profuso in un elogio senza fine sul pezzo da collezione e temevamo di portarcelo a casa quasi senza accorgercene.

Ho fatto pochi metri e poi, nella galleria che conduce a Bond Street, ho comprato qualcosa d'altro.

Cosa ne pensate, potevo forse evitarlo?



In tema no?


La sera al rientro abbiamo cenato al The Courtfield "Very Old English Pub", con una sala da cerimonie adibita a "dining room". Poi ancora una passeggiata nella quiete serale del quartiere, insomma mi sono sentita come Julia Roberts in Notthing Hill.



Il giorno dopo, quello della regata reale, è stato davvero lungo, freddo e piovoso.
Era inverno a dire il vero, non c'è stato nemmeno uno spicchio di sole a fare capolino tra le nubi.
Nonostante questo, i sudditi di sua Maestà hanno assistito con calma imperturbabile, dopo avere atteso per ore, alla regata reale.
Dalle nove del mattino a pomeriggio inoltrato, hanno stazionato presso ogni ponte della città, in attesa di vedere passare le navi.
E poi su Westmister Bridge hanno assistito al concerto, per godersi quel puntino bianco con strass Swarovski che si intravedeva all'orizzonte.
Le altre macchie erano gli uomini in grigio o alta uniforme, Camilla in bianco e l'unico sole della giornata, il sole rosso Kate!
Ammazza che coraggio gli inglesi, con tutto quel freddo e quella pioggia!

Era un tripudio di bandiere e i tre colori, rosso, blu e bianco, erano ovunque.
Dai vestiti non proprio sobri di alcuni, alle calze o leggins della maggior parte delle ragazze che ho visto.

Rende bene l'idea?

Fino ai capelli, meticolosamente colorati di rosso, bianco e blu.
Fantastici pensavo,  metti che noi italiani un giorno festeggiassimo il 2 giugno trasformandoci tutti in tricolore, sarebbe lo stesso colpo d'occhio?
I sudditi della Regina, ho concluso, sono rock come lei, che sull'imbarcazione reale, avvolta nello scialle bianco come l'abito, si muoveva al ritmo della musica che in suo onore arrivava dalla nave orchestra.
Ballavano tutti sulla chiatta reale, dal principe Filippo, a Camilla e alla splendida Kate.
Insomma il vero spettacolo nello spettacolo!

La Regina è Rock con Kate al suo fianco!


Il pomeriggio lo abbiamo passato tra i negozi di musica e libri di Charing Cross e i teatri splendidi di Covent Garden, dove il tempo si è fermato.



Il Musical dei Musical

Il terzo giorno, dopo un inizio incerto, è tornato il sole.
Presto siamo scappati in direzione Kensington Gardens, per visitare il memoriale della principessa Diana.
Prima però, visto che era in zona, sono andata verso quella che è la mecca della musica inglese: la Royal Albert Hall.

La Royal Albert Hall
Il fantastico edificio circolare rosso, con la sua imponenza è davvero un simbolo per i londinesi e per tutti i sudditi di sua Maestà.
Naturalmente avevo bisogno di scattare questa foto per documentare l'evento del calendario di maggio appena passato che mi stava più a cuore.

No dico prestate bene attenzione agli artisti!



Poi,  con calma,  abbiamo attraversato i giardini fino a Marble Arch, tornando verso il centro ed eccoci su Regent Street.

Ci veniva incontro il colore acquamarina inconfondibile marchio di Fortnum & Mason.





Fiabesca atmosfera


I fornitori ufficiali della Casa Reale Inglese, per il Giubileo non si sono risparmiati, regalando ai sudditi ogni possibile ammenicolo con il loro stile e la loro classe inconfondibile.


Mi gira ancora la testa!

Adoro l'atmosfera retrò di quel luogo.
E devo dire che ogni volta il posto ci accoglie con tutta la sua classe.

Quarto piano sala musica.


Poi scendendo verso Piccadilly, ho fatto capolino nel mio negozio preferito ULTRACHIC di Londra, ovvero Liberty. Ecco, Liberty è un vero e proprio sogno ad occhi aperti per me con tutto quello che di esclusivo la moda ti offre oggi, all'interno perfetta riproduzione di una antica casa inglese.
Hanno perfino l'angolo vintage dedicato agli accessori dove ho potuto divertirmi nel ritrovare alcune delle borse di lusso che si usavano quando avevo vent'anni, compreso il mio secchiello vintage  Louis Vuitton!




Liberty


Inconfondibile!
Infine ci siamo affacciati su Carnaby Street.
Ogni volta che ci vado sono consapevole del divenire degli inglesi.

Quel luogo per anni è stato crogiuolo di novità. Oggi è rimasta l'ombra perchè il nuovo è altrove, non più a Soho.
Ma nonostante sia ormai,  solo una strada per turisti, non posso fare a meno di pensare che tra quelle strade nasceva la Swining London che avrebbe influenzato lo stile e la moda degli anni futuri.
Per non parlare della musica di quegli stessi anni che partendo esattamente da lì ancora oggi detta legge.


Carnaby Street.


Per me è emozione vera.

Ora che dite ragazzi, chi viene con me la prossima volta?